Una cifra drammatica che si traduce in una perdita economica di 20,2 miliardi di euro. I numeri emergono dal rapporto “The Lancet Countdown 2019” presentato oggi a Venezia / Lo studio: le nanoparticelle di smog causano il cancro al cervello / MAL’ARIA 2019, IL DOSSIER DI LEGAMBIENTE
L’Italia detiene il record europeo per decessi legati all’esposizione alle polveri sottili. Il dato emerge dal rapporto “The Lancet Countdown 2019: Tracking Progress on Health and Climate Change”, presentato oggi a Venezia nel corso di un evento organizzato dalla Fondazione CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) e dall’Università Ca’ Foscari. Pubblicato dalla prestigiosa rivista di scienze mediche, il documento rappresenta uno strumento molto utile per comprendere come il clima sta influenzando la nostra salute, a livello globale e nazionale. Per la sua realizzazione vi hanno lavorato 120 esperti di 35 istituzioni accademiche di rilievo internazionale e agenzie delle Nazioni Unite di tutti i continenti. Attraverso 41 indicatori su cambiamenti climatici e salute, il rapporto fornisce un aggiornamento annuale mirato a offrire un supporto ai decisori politici, per accelerarne le risposte strategiche.
Le differenze tra Europa, Africa e Sud-est asiatico
Ondate di calore, periodi di siccità prolungata e inondazioni stanno minacciando soprattutto le fasce della popolazione mondiale più vulnerabili. “La vulnerabilità dell’Europa e del Mediterraneo orientale all’esposizione al calore è maggiore rispetto a quella dell’Africa e del Sud-est asiatico, molto probabilmente a causa dell’alta porzione di anziani che vivono nelle aree urbane in queste regioni: si tratta di una fascia di popolazione particolarmente vulnerabile a ictus e problemi renali legati ai colpi di calore perché maggiormente affetta da malattie croniche”, ha affermato Marina Romanello dell’University College di Londra, tra gli autori del rapporto, durante la presentazione del documento. “Nel 2017, il numero di eventi di esposizione di over 65enni alle ondate di calore è cresciuto di 9,3 milioni rispetto al 2000. Nello stesso anno, l’esposizione alle alte temperature ha comportato anche più di 1,7 milioni di ore di lavoro perse in Italia, il 67% delle quali hanno riguardato il settore agricolo”.
Le conseguenze sulla salute e sulla nutrizione
Dal rapporto emerge che l’utilizzo di fonti fossili rappresenta una minaccia consistente per la salute umana, sia per i danni causati dall’inquinamento dell’aria che per i cambiamenti climatici che derivano dalla combustione di idrocarburi. Dimostrazioni tangibili sono il numero elevatissimo di morti per esposizione a particolato e la diffusione di malattie infettive. “Utilizzare le fonti fossili per la produzione di energia significa non solo aggravare il problema del riscaldamento globale, ma anche peggiorare la qualità dell’aria”, ha affermato Romanello. “E su questo l’Italia detiene un triste primato, con 45.600 decessi prematuri a seguito dell’esposizione a PM2.5 solo nel 2016. Si tratta del valore più alto in Europa e dell’undicesimo più alto nel mondo, che si traduce in una perdita economica di 20,2 miliardi di euro”.
Preoccupante, come detto, la diffusione di malattie infettive. A livello globale, 9 dei 10 anni più favorevoli per la trasmissione della febbre Dengue si sono registrati a partire dal 2000. Mentre in Italia la capacità delle zanzare di farsi vettori di questo virus è raddoppiata dal 1980.
Anche la sicurezza alimentare viene gravemente danneggiata dai cambiamenti climatici e dai loro effetti sui prezzi degli alimenti dovuti al calo della resa dei raccolti. E a pagare il prezzo più caro della malnutrizione sono soprattutto i bambini. “Guardando alla produzione agricola italiana – spiega Romanello – il potenziale di resa di tutte le colture alimentari di base che stiamo monitorando si è ridotto dagli anni ’60: per il mais la riduzione è stata del 10,2%, per il grano invernale e primaverile rispettivamente del 5 e del 6%, per la soia del 7% e per il riso del 5%”.
La situazione in Italia
Nel corso della seconda parte dell’evento è stato aperto un focus sulla situazione in Italia. “Due anni fa la Presidenza Italiana spingeva per l’adozione da parte del G7 di una Strategia Globale per ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici sulla salute. Da allora, abbiamo osservato qualche luce ma anche diversi segnali preoccupanti”, ha affermato Stefano Campostrini, professore di statistica sociale per le politiche sociali e sanitarie all’Università Ca’ Foscari Venezia e direttore del Governance & Social Innovation Center. “Il paese Italia, se per molti versi ha un sistema sanitario resiliente, non è ancora del tutto pronto agli impatti che i cambiamenti climatici potrebbero avere sulla salute della popolazione. Inquinamento dell’aria, migrazioni, sostenibilità del sistema sanitario sono solo alcuni dei grandi ambiti nei quali le sfide sono più pressanti. Situata nel mezzo del bacino del Mediterraneo, l’Italia rappresenta un vero laboratorio sui cambiamenti climatici e ambientali. In tal senso, il Country Profile Italy delinea le strategie per proteggere la salute dei cittadini italiani e in che modo le parti interessate possano rafforzare la resilienza ai cambiamenti climatici nel settore sanitario attraverso l’educazione, la consapevolezza, la sorveglianza integrata e sistemi efficaci di allarme tempestivo e risposta rapida”.
Produttività in calo
Il quadro delineato nel rapporto “The Lancet Countdown 2019: Tracking Progress on Health and Climate Change” presenta delle criticità che si riversano anche sulla produttività. “La produttività del lavoro in Europa risentirà dei cambiamenti climatici, con un calo nell’ordine dell’11,2% nel settore agricolo e dell’8,3% in quello industriale entro il 2080” ha spiegato Shouro Dasgupta, ricercatore presso il CMCC della Ca’Foscari, con un intervento sugli impatti economici derivanti dal legame tra cambiamenti climatici e salute. “Gli impatti sull’Italia sono anche maggiori, con una riduzione rispettivamente del 13,3% e dell’11,5%. È importante sottolineare che i cambiamenti climatici, oltre a danneggiare l’economia italiana con un calo del PIL dell’8,5% al 2080, aumenteranno anche le disparità di reddito interne al paese, aggravando il divario Nord-Sud: tutto ciò avrà implicazioni significative per la salute”.
Prospettive per il futuro
Meno investimenti sulle fonti fossili e più su quelle rinnovabili, uniti a interventi di adattamento ai cambiamenti climatici nei settori della mobilità e della sanità. Sono queste le conclusioni a cui arriva il rapporto. “Mettere la salute al centro di questa transizione produrrà enormi dividendi per il settore pubblico e per l’economia, offrendo allo stesso tempo aria più pulita, città più sicure e diete più sane”, ha sottolineato Romanello. “I vantaggi economici legati ai benefici per la salute derivanti dall’applicazione dell’Accordo di Parigi superano i costi di qualsiasi intervento, con un risparmio di migliaia di miliardi di dollari nel mondo”.
Fonte: https://www.lanuovaecologia.it/